Il Primo Uomo. L'impresa di Gagarin
(tratto da appunti per un nuovo progetto...)
12 aprile 1961. È mattina al cosmodromo di Bajkonur, nel cuore della steppa del Kazakistan, all'epoca ancora territorio dell'Unione Sovietica. Sulla rampa che, per ovvi motivi, ancora non si chiamava "Gagarin", un missile R-7 era in attesa. Al vertice del razzo c'era una capsula simile a quelle che i Russi avevano testato nei mesi precedenti durante il programma spaziale denominato Korabl-Sputnik (letteralmente "nave-satellite"): su questa, però, c'era scritto "Vostok 1".
A bordo, uno dei sei cosmonauti scelti per il programma Vostok, il ventisettenne Jurij Alekseevič Gagarin.
Nato nel 1934, si era formato pilotando i caccia MiG nell'Aeronautica, in cui militava già da sei anni. Quando furono avviate le selezioni del programma Vostok, Gagarin, che aveva espresso interesse per l'esplorazione spaziale e per questo era stato raccomandato dai suoi superiori, riuscì a passare le selezioni. Un po' per l'esperienza maturata, ma anche per il fatto di avere il fisico giusto per calarsi nell'angusta capsula, dato che era alto appena 1,57 m. Selezionato come prima scelta già nel maggio del 1960, meno di un anno dopo era sulla rampa di Bajkonur, incastrato nel piccolo vano della Vostok 1.
Fa effetto pensare quanto fu veloce un evento tanto importante: il viaggio del primo uomo nello spazio durò meno di due ore, dal lancio all'atterraggio. L'R-7, infatti, prese il volo alle 9:07 (ora di Mosca): andò tutto liscio e, pochi minuti dopo, Gagarin e la Vostok 1 erano già in orbita. Da lassù, lui non aveva niente da fare, dato che la capsula era comandata da remoto, ma poteva comunicare a Terra via radio, mentre una telecamera immortalava minuto per minuto lo storico evento. Da lassù, il cosmonauta fu il primo a poter osservare la nostra casa dall'alto e a poter descrivere ciò che vedeva: osservò il cielo, che era nero, quindi il nostro pianeta. Lo chiamò "azzurro", e da allora la Terra conserva questo soprannome.
La Vostok 1 compì un'orbita completa, sorvolando da nord-est a sud-ovest il Pacifico, quindi risalendo l'Atlantico oltre Capo Horn. All'altezza della costa africana i retrorazzi si accesero per permettere il rientro nell'atmosfera. Se ciò non fosse successo, la capsula vi sarebbe ugualmente rientrata entro dieci giorni (e ovviamente Gagarin poteva contare su un sostentamento di energia, ossigeno e nutrimento fino a quella data). Così, il modulo di rientro con il cosmonauta a bordo si staccò dalla parte destinata a restare in orbita e iniziò la sua discesa verso le steppe kazake. La Vostok 1 sarebbe atterrata sulla terraferma: a un'altitudine di circa 7.000 m Gagarin attivò il seggiolino eiettabile, atterrando con il suo paracadute nei pressi della città di Engels, nella Russia sudoccidentale. La missione fu un successo assoluto. In un certo senso, rappresentò una conferma: i Russi, infatti, dimostravano ancora una volta, dopo aver vinto il "primo round" mandando in orbita il primo satellite, Sputnik 1, la loro superiorità nella corsa spaziale. L'impresa di Gagarin fu celebrata prima in Russia, quindi in tutto il mondo: il cosmonauta visitò più di trenta Paesi, ma vista la sua fama in ascesa Kennedy non volle invitarlo negli Stati Uniti.
Gagarin morì in un incidente aereo il 27 marzo 1968 a soli 34 anni, sette anni dopo la sua grande impresa.
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